A proposito del deposito nazionale nucleare
La battaglia del paesaggio, della salute, del nostro futuro
La Tuscia ha davanti a sé una grande sfida. I comuni della provincia di Viterbo, la regione Lazio, le imprese e i tutti i cittadini sono chiamati a prendere decisioni urgenti e decidere in piena consapevolezza e responsabilità azioni che avranno una grande influenza sul futuro del nostro territorio. Un futuro che è già oggi!
Ripercorriamo innanzitutto le vicende degli ultimi giorni riguardanti il deposito nazionale nucleare.
In primis chiediamoci cos’è: il deposito nazionale nucleare è “una infrastruttura di superficie dove mettere in sicurezza i rifiuti radioattivi”. E’ una realizzazione necessaria che serve gestire tutti i rifiuti radioattivi, quelli che provengono dagli impianti nucleari italiani in via di smantellamento e quelli che provengono dalle attività di medicina nucleare, industriali e di ricerca. La localizzazione, progettazione, realizzazione e gestione dell’infrastruttura sono affidate a Sogin, una società pubblica, come disciplinato dal decreto legislativo 31 del 2010.
Il 6 aprile u.s. l’amministratore delegato Emanuele Fontani, in una audizione di fronte alle commissioni riunite Ambiente e Attività produttive della Camera dei Deputati, ha affermato che il Lazio è sicuramente la regione più interessante, perché baricentrica. E nel Lazio vi sono ben 22 località potenzialmente idonee, tutte nella provincia di Viterbo.
Riteniamo la dichiarazione di Fontani grave e inopportuna, perché lascia intravvedere una scelta già compiuta, anche se l’8 aprile egli stesso, con una mezza marcia indietro che cerca di mettere “una toppa”, pubblica una singolare precisazione sottolineando che la sua affermazione era riferita alla mera valutazione della distanza dai siti che attualmente ospitano i rifiuti radioattivi sul territorio nazionale.
Il peso e le conseguenze di dichiarazioni e affermazioni pubbliche su questo tema, specie se in sede di audizione in commissioni parlamentari, esigono ponderazione e lucidità e quelle di Fontani contraddicono quanto dichiara la stessa Sogin sulle procedure di selezione del sito unico per il deposito nazionale, che devono essere chiare, trasparenti, condivise!
Numerosi e vari parametri di valutazione sono infatti “dimenticati” dalle dichiarazioni dell’amministratore delegato di Sogin. Una dimenticanza che rende opaca la sua audizione, perché si concentra unicamente sulla criticità dei trasferimenti dei materiali radioattivi, certo importante ma assolutamente insufficiente e temporanea nella gestione complessiva del progetto. Nulla si dice su altri parametri permanenti di rischio, come quello geologico, naturalistico, paesaggistico, produttivo, ambientale nel suo insieme.
Crediamo sia necessario documentare questi rischi in piena contezza, rischi che riguardano parametri che sembrano davvero malamente applicati nelle valutazioni preliminari addotte da Sogin sull’Alto Lazio.
AssoTuscania rileva, e non certo ultimo, il rischio di un insediamento del sito nella Tuscia che è già maglia nera a livello nazionale nel consumo di suolo; il territorio della provincia di Viterbo è esposto ad una incredibile concentrazione di rischi ambientali e per la salute, sta fronteggiando centinaia di richieste e progetti industriali pesanti (come ad esempio “parchi” eolici, mega-impianti fotovoltaici, impianti di trattamento di rifiuti) che sottraggono migliaia di ettari all’agricoltura, al paesaggio, alla possibilità di valorizzazione turistica, stravolgono la vocazione e l’identità di un intero territorio.
Serve che le voci si alzino alte e si facciano sentire. Tra le pochissime voci, rileviamo quella della consigliera del comune di Viterbo Luisa Ciambella che ricorda come l’ufficio della regione Lazio incaricato di redigere le osservazioni avverse da presentare al CNAPI sul deposito nazionale unico è al momento senza la dirigente, che è posta agli arresti domiciliari perché sotto inchiesta per corruzione e concussione. Chi se ne occupa allora?
Da gennaio, dopo aver approvato 5 Ordini del giorno contro il deposito unico, alla Regione Lazio è caduto un assordante silenzio: non è stata prodotta alcuna osservazione, come da tempo invece hanno fatto le regioni Sardegna, Puglia, Basilicata.
Che fare quindi?
Chiediamo che la provincia di Viterbo si riunisca con tutti i comuni per agire con urgenza e lucidità, raccogliendo ogni osservazione che le associazioni di categoria e professionali possono apportare; è necessario coinvolgere in una azione di informazione, ascolto e raccolta di osservazioni tutte le categorie imprenditoriali di agricoltura, artigianato, turismo, commercio, le istituzioni culturali, la camera di commercio, la soprintendenza, le associazioni dei cittadini.
I Comuni devono istituire consulte cittadine sull’ambiente, come fatto a Tuscania, quale organo di confronto, comunicazione e dibattito con le associazioni e le realtà attive nell’economia e nel sociale.
E’ indispensabile lavorare insieme ora, per sventare il rischio che la Tuscia sia destinata al deposito nazionale e per realizzare insieme la crescita del nostro territorio, che si basi invece su una idea di futuro sostenibile fatto di bellezza e qualità della vita, incentrato sulle risorse che fanno della nostra Provincia un contesto speciale a livello nazionale e internazionale con la sua combinazione unica di agricoltura di qualità, paesaggio, storia, beni archeologici, architettonici, culturali, la vera miniera e il vero tesoro per il futuro.